Corriere della Sera (Milano, Italy). Friday, 13 October 2006.
Sperimentazione in ospedale
Ma i chirurghi fanno obiezione
[But the surgeons make objection]
TORINO — Nella camera celeste del reparto di day surgery arriva prima Ilias, quindici mesi. Dorme, nella classica posizione da angioletto: braccia alzate e pugni chiusi vicino alle orecchie. Tempo mezz'ora e dalla sala operatoria portano anche suo fratello Nadir, lui piange ma poco convinto, è disposto a smettere in cambio del suo trattore rosso e giallo. La mamma, marocchina-torinese da sei anni, non parla e non capisce la nostra lingua ma interpreta bene il sorriso dell'infermiera: l'intervento è andato bene. Ilias e Nadir hanno fatto la circoncisione rituale all'ospedale Regina Margherita di Torino. Sono il terzo e quarto paziente di una sperimentazione della Regione Piemonte che è andata di traverso all'opposizione, come da copione, ma anche, a sorpresa, ai dottori dell'ospedale pediatrico. Hanno aderito quattro chirurghi su venti. Motivazione del rifiuto: obiezione di coscienza. L'Ordine dei medici di Torino a cui questi dottori si erano rivolti dopo l'approvazione della delibera si è espresso a favore dell'obiezione ma anche della circoncisione, come aveva già fatto il comitato bioetico in passato legittimando la circoncisione maschile. «I colleghi chiedevano se su queste pratiche ci fosse liceità deontologica, la risposta è che non ci sono controindicazioni né dal punto di vista etico, né deontologico — spiega il presidente Amedeo Bianco — Ma il diritto all'obiezione di coscienza va rispettato. Chi ha portato avanti questo progetto forse ha sottovalutato l'impatto sulla nostra categoria». OBIETTORI — Esatto. Il centrosinistra, sponsor del progetto, aveva messo in conto le barricate dell'opposizione ma non si era preparato alla rivolta dei camici bianchi. Era caduta nel vuoto la provocazione della Lega nord (Oreste Rossi: «La asl pagherà anche l'infibulazione?») e la contestazione di Forza Italia (Mariangela Cotto: «In Sanità c'erano altre priorità, per esempio l'epidurale»).
Ma imbarazzante è l'astensione dei dottori, secondo l'assessore alla Sanità Mario Valpreda: «È un progetto a favore dell'integrazione che incide in misura minima sull'organizzazione dell'ospedale e sulle risorse: costa 120 mila euro e dura un anno, è per 300 bambini». Il primo secco no è arrivato dal primario di Urologia Marco Bianchi: «Non è una patologia ma un rito quindi né io né alcun medico del mio reparto partecipiamo alla sperimentazione». Ma mentre si formava il partito degli obiettori al Regina Margherita e negli altri ospedali di Torino si costituiva quello dei vo lontari, disponibili a fare le circoncisioni. Fra le autocandidature c'è quella del primario di Neuro-urologia dell'ospedale Maria Adelaide, il professor Roberto Carone: «Mi rendo disponibile. Primo, perché l'intervento non ha controindicazioni, anzi. Secondo, perché questi bambini lo farebbero comunque ma in condizioni rischiose, quindi c'è una responsabilità nel negare l'intervento. Se alcuni colleghi fanno obiezione, mi metto a disposizione». I maschietti delle famiglie ebree e musulmane vengono circoncisi, comunque. Nella comunità ebraica spesso ci pensano i rabbini. I musulmani invece o aspettano di tornare nel loro Paese o trovano un pediatra disposto a giustificare l'intervento per «fimosi» o si rivolgono a specialisti privatamente. E c'è ancora un preoccupante fai da te, vedi il neonato quasi evirato dalla madre nigeriana, una badante di Padova, qualche mese fa. Più il gran numero di piccoli pazienti che in ospedale arrivano per curare infezioni post intervento.
PONTI E BARRIERE — «Il progetto sulla circoncisione è un segnale di apertura, l'obiezione di coscienza dei medici stupisce — dice Antonino Boeti, consigliere diessino, dottore e padre
della sperimentazione —. In una società multietnica abbiamo bisogno di ponti, non di barriere». La comunità islamica a Torino apprezza e ringrazia. «Lo chiedevamo da anni, siamo molto riconoscenti — spiega Hmoud Kholil, medico e rappresentante dell'Unione araba — Nelle famiglie di religione islamica la circoncisione ai bambini si fa e qui soprattutto clandestinamente. Noi siamo molto contrari alla clandestinità: è un intervento medico che va fatto in ospedale». A Madih il padre di Ilias e Nadir, in Italia da otto anni, ambulante con banchetto di frutta e verdura in corso Spezia, la notizia era arrivata prima dell'estate, un volantino scritto in arabo riassumeva le istruzioni: permesso di soggiorno, residenza a Torino, niente ticket, operazione in day hospital, età da 1 a 12 anni. E lui quel volantino l'ha conservato. «A me l'hanno fatta a casa la circoncisione, trent'anni fa usava così, veniva l'hagiam: niente anestesia, niente bisturi, due forbici comuni. Oggi si sta diffondendo anche in Marocco l'abitudine di andare in ospedale, l'operazione lì costa da 100 a 300 euro. Ma non tutti sono pronti a questo cambiamento. L'anno scorso mio padre ha voluto che due nipoti fossero circoncisi in casa sotto i suoi occhi». Lui però per Ilias e Nadir ha scelto il chirurgo — non obiettore — del Regina Margherita.
Federica Cavadini
13 ottobre 2006
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