Sperimentazione in ospedale
Torino dà il via alla circoncisione
rituale
[Turin gives the way to ritual circumcision]
Ma i chirurghi fanno obiezione
[But the surgeons make objection]
TORINO — Nella camera celeste del reparto di
day surgery arriva prima Ilias, quindici mesi. Dorme,
nella classica posizione da angioletto: braccia alzate
e pugni chiusi vicino alle orecchie. Tempo mezz'ora e
dalla sala operatoria portano anche suo fratello Nadir,
lui piange ma poco convinto, è disposto a
smettere in cambio del suo trattore rosso e giallo. La
mamma, marocchina-torinese da sei anni, non parla e non
capisce la nostra lingua ma interpreta bene il sorriso
dell'infermiera: l'intervento è andato bene.
Ilias e Nadir hanno fatto la circoncisione rituale
all'ospedale Regina Margherita di Torino. Sono il terzo
e quarto paziente di una sperimentazione della Regione
Piemonte che è andata di traverso
all'opposizione, come da copione, ma anche, a sorpresa,
ai dottori dell'ospedale pediatrico. Hanno aderito
quattro chirurghi su venti. Motivazione del rifiuto:
obiezione di coscienza. L'Ordine dei medici di Torino a
cui questi dottori si erano rivolti dopo l'approvazione
della delibera si è espresso a favore
dell'obiezione ma anche della circoncisione, come aveva
già fatto il comitato bioetico in passato
legittimando la circoncisione maschile. «I
colleghi chiedevano se su queste pratiche ci fosse
liceità deontologica, la risposta è che
non ci sono controindicazioni né dal punto di
vista etico, né deontologico — spiega il
presidente Amedeo Bianco — Ma il diritto
all'obiezione di coscienza va rispettato. Chi ha
portato avanti questo progetto forse ha sottovalutato
l'impatto sulla nostra categoria». OBIETTORI
— Esatto. Il centrosinistra, sponsor del
progetto, aveva messo in conto le barricate
dell'opposizione ma non si era preparato alla rivolta
dei camici bianchi. Era caduta nel vuoto la
provocazione della Lega nord (Oreste Rossi: «La
asl pagherà anche l'infibulazione?») e la
contestazione di Forza Italia (Mariangela Cotto:
«In Sanità c'erano altre priorità,
per esempio l'epidurale»).
Ma imbarazzante è l'astensione dei
dottori, secondo l'assessore alla Sanità
Mario Valpreda: «È un progetto a favore
dell'integrazione che incide in misura minima
sull'organizzazione dell'ospedale e sulle risorse:
costa 120 mila euro e dura un anno, è per 300
bambini». Il primo secco no è arrivato dal
primario di Urologia Marco Bianchi: «Non è
una patologia ma un rito quindi né io né
alcun medico del mio reparto partecipiamo alla
sperimentazione». Ma mentre si formava il partito
degli obiettori al Regina Margherita e negli altri
ospedali di Torino si costituiva quello dei vo lontari,
disponibili a fare le circoncisioni. Fra le
autocandidature c'è quella del primario di
Neuro-urologia dell'ospedale Maria Adelaide, il
professor Roberto Carone: «Mi rendo disponibile.
Primo, perché l'intervento non ha
controindicazioni, anzi. Secondo, perché questi
bambini lo farebbero comunque ma in condizioni
rischiose, quindi c'è una responsabilità
nel negare l'intervento. Se alcuni colleghi fanno
obiezione, mi metto a disposizione». I maschietti
delle famiglie ebree e musulmane vengono circoncisi,
comunque. Nella comunità ebraica spesso ci
pensano i rabbini. I musulmani invece o aspettano di
tornare nel loro Paese o trovano un pediatra disposto a
giustificare l'intervento per «fimosi» o si
rivolgono a specialisti privatamente. E c'è
ancora un preoccupante fai da te, vedi il neonato quasi
evirato dalla madre nigeriana, una badante di Padova,
qualche mese fa. Più il gran numero di piccoli
pazienti che in ospedale arrivano per curare infezioni
post intervento.
PONTI E BARRIERE — «Il progetto sulla
circoncisione è un segnale di apertura,
l'obiezione di coscienza dei medici stupisce —
dice Antonino Boeti, consigliere diessino, dottore e
"padre" della sperimentazione —. In una
società multietnica abbiamo bisogno di ponti,
non di barriere». La comunità islamica a
Torino apprezza e ringrazia. «Lo chiedevamo da
anni, siamo molto riconoscenti — spiega Hmoud
Kholil, medico e rappresentante dell'Unione araba
— Nelle famiglie di religione islamica la
circoncisione ai bambini si fa e qui soprattutto
clandestinamente. Noi siamo molto contrari alla
clandestinità: è un intervento medico che
va fatto in ospedale». A Madih il padre di Ilias
e Nadir, in Italia da otto anni, ambulante con
banchetto di frutta e verdura in corso Spezia, la
notizia era arrivata prima dell'estate, un volantino
scritto in arabo riassumeva le istruzioni: permesso di
soggiorno, residenza a Torino, niente ticket,
operazione in day hospital, età da 1 a 12 anni.
E lui quel volantino l'ha conservato. «A me
l'hanno fatta a casa la circoncisione, trent'anni fa
usava così, veniva l'hagiam: niente anestesia,
niente bisturi, due forbici comuni. Oggi si sta
diffondendo anche in Marocco l'abitudine di andare in
ospedale, l'operazione lì costa da 100 a 300
euro. Ma non tutti sono pronti a questo cambiamento.
L'anno scorso mio padre ha voluto che due nipoti
fossero circoncisi in casa sotto i suoi occhi».
Lui però per Ilias e Nadir ha scelto il chirurgo
— non obiettore — del Regina
Margherita.
Federica Cavadini
13 ottobre 2006
[CIRP Note: This Italian report says in
brief: The Turin medical authority decided to provide
ritual circumcisions for Jews and Muslims. The
surgeons, however, objected to the performance of these
non-therapeutic surgeries on grounds of conscience and
refused to perfom the non-therapeutic surgery.
For more information on concientious objection to the
performance of non-therapeutic circumcision on minors
see Conscientious Objection to the
Performance of Non-Therapeutic Circumcision of
Children.]
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